| STORIA
- Maria Luisa Crosina-
La storia degli Amici dell'Arte di Riva del Garda
"Durante l'occupazione nazista, un sodalizio di artisti e di appassionati si dava convegno a Ville del Monte il sabato e la domenica. Dipingevano en plein air e poi si ritrovavano alla "Bellotta" per discutere d'arte, davanti al vino generoso dei colli di Tenno e a quel poco che poteva passare il convento in quei tempi grami. Era difficile allora trovare tele e colori confezionati, bisognava arrangiarsi ricorrendo alle terre usate dagli imbianchini diluite con la caseina o con l'olio di lino; sacchi di juta, ecc. venivano stesi su telai di fortuna. Maestro indiscusso della brigata era il professor Pizzini, un pittore emerito che univa ad un'abilità eccezionale una particolare riservatezza peri segreti del mestiere." Così Mario Matteotti' rievoca quel periodo. Questo fu il sodalizio che, nel giugno 1946, nell'Italia dell'immediato
dopoguerra, diede vita al gruppo 'Amici dell'Arte", gruppo a come ricorda nelle sue note Giacomo Vittone a "sorto senza alcuna assemblea. senza atti e senza statuti [...], un fatto compiutosi spontaneamente, un fenomeno naturale piovuto dal cielo" e, soprattutto, scevro da qualsiasi connotazione politica ed ideologica. "Io, piuttosto di collaborare con un partito (di qualunque colore sia) muoio", confesserà Vittone in una lettera all'amico Mario Crosina. Un pugno di uomini di diverse fedi e formazioni, affratellati dal comune interesse per l'arte e la cultura. Se "indiscusso maestro della brigata) era Luigi Pizzini(1884-1977), artista già affermato (si 'era formato all'Accademia di Brera, era stato tra i fondatori della Scuola di Burano, dove aveva risieduto dal 1909 al 1913), con al suo attivo mostre quali la 11 della fondazione Bevilacqua la Masa di Ca' Pesaro, la 1 della Secessione romana, la III Biennale d'Arte della Venezia Tridentina a Bolzano (1926), la Permanente di Brera (1927), solo per citare le più importanti, del gruppo facevano parte sia pittori già noti, sia altri che, fin d'allora, erano qualcosa di più che semplici dilettanti.
Achille Dal Lago (191O-1981), uscito dall'Università delle arti decorative di Monza, si era da tempo distinto in varie località italiane quale cartellonista (suo il pregevole manifesto per la Settimana Velica di Riva del Garda), futurista e pittore di sale d'albergo. Giovanni Bonat (19014983) aveva frequentato la Scuola d'arte cristiana di Milano sotto la guida dei professori Albertella e Galli, meritandosi la "menzione d'onore". Giacomo Vittone (1898-1995) si era formato nello studio torinese dei fratelli Mario e Domenico Gatti, dove aveva avuto la possibilità di venire a contatto con numerosi esponenti del mondo artistico italiano del primo ventennio del Novecento. Carlo Pizzini (1891-1984), tornato nel 1939 dall'Ungheria, dove aveva diretto uno stabilimento aeronautico di Gianni Caproni, si era già segnalato alla mostra del Garda a Gardone (1923) e alla Triveneta di Padova (1924).
Arturo Paluselli (1903-1995) fin dal 1920 era entrato in familiarità con Luigi Pizzini, divenendone discepolo. " Mario "Bettinazzi (1897-19ó9) aveva fruito alla Scuola reale Elisabettina di Rovereto a un istituto superiore che apriva l'accesso ai Politecnici e
alle Accademie a dell'insegnamento di quello straordinario "maestro" (così lo chiamarono sempre i suoi ex alunni, tra i quali anche Luigi Bonazza, Fortunato Depero, Tullio Garbari, Oddone Tomasi, Umberto Maganzini ) che fu il goriziano professor Luigi Comel, il cui obiettivo primario era stato "la volontà di ricercare e sperimentare", fine perseguito anche dalla Kunstgewerbeschule di Vienna. La maggior parte di questi artisti, durante la settimana, svolgeva un ben diverso lavoro. Chi, come Luigi Pizzini, insegnava disegno nelle scuole cittadine; chi, come Arturo Paluselli, lavorava negli alberghi della Riviera; chi, come Bonat, si dedicava all'attività di pittore-decoratore; chi vendeva medicine, il più delle volte preparandole nel mortaio alla maniera degli antichi speziali, come Mario Bettinazzi (1897-1969); chi stava allo sportello della Banca d'Italia a ad un tiro di schioppo dalla Rocca, il luogo deputato dell'associazione a come il torinese per nascita, ma rivano d'adozione, Giacomo Vittone, l'indiscusso portabandiera del gruppo. Ma il sabato pomeriggio e la domenica ci si poteva dedicare alla pittura, ed allora si saliva a Tenno, a Ville del Monte, a Canale, o si osservavano e si fissavano sulla carta gli effetti di luce sul lago, sempre nuovo nelle diverse ore e stagioni. Un bisogno insopprimibile, quello di dipingere, un'esigenza che sgorgava dall'intimo, e che accompagnerà molti di quei pittori della domenica per tutta la vita. Così Vittone, il pictor Dominicus o, meglio,
semplicemente Dominicus (non si ritenne mai pittore ma, piuttosto, un emulo di Walter Molino), come egli firmerà i suoi quadri, sintetizza il significato storico e le tappe fondamentali della vita del gruppo dalla sua nascita fino al novembre 1954:
Atto di nascita del Gruppo "Amici dell'Arte": 21 Giugno 1946 .
Eravamo un gruppo di amanti dell'arte assai affiatati e ci venne l'idea di istituire una scuola di disegno artistico. Per la verità, credo, quest'idea doveva essere di Luigi Pizzini il quale,
sempre uso al sistema di far fare agli altri quello che tornava comodo a lui, fece fare da Paluselli e Dal Lago una domanda al sindaco per ottenere un locale da destinare a questa scuola. Si ottenne il permesso di andare nelle scuole (allora medie) di viale e Pernici a angolo Damiano Chiesa e la scuola incominciò a funzionare (un po' anarchicamente).
Si prendeva un modello che veniva pagato 100 lire per sera e ognuno lo interpretava a modo suo; Luigi Pizzini dava qualche infarinatura sul carattere del soggetto e tutti facevano meglio che potevano, con molto entusiasmo. Alcuni nomi dei primi frequentatori: Luigi Pizzini, Carlo Pizzini, Achille. Dal Lago, Arturo Paluselli, Giovanni Bonat, Arrigo Colorio, Dominicus [Vittone], Mario Bettinazzi, Roberto Zontini, i due fratelli Odorizzi, Gui?
do Zanolli, Francesco Santini e qualche altro di cui mi sfugge il nome. Gli ambienti non erano l'ideale e si sentì presto il bisogno di avere dei locali espressamente per noi. Venne a me l'idea di chiedere un locale nella Rocca. La Rocca, fin dal primo giorno che la vidi, suscitò in me grande interesse. Si interessò Carlo Pizzini, che allora aveva qualche incarico in Municipio, ed ottenne per noi le tre sale ora del Museo segnate coi n. 5, 6 e 7 (Pinacoteca e Storia di Riva). A La sede era allettante e ci fece venire subito voglia di adibire anche un salone a mostre permanenti. Così fu fatto, e il 21 giugno 1946 venne in forma ufficiale inaugurato il salone per le mostre e altre due sale perla scuola. All'inaugurazione era intervenuto il consiglio comunale al completo. Parteciparono a questa mostra: Luigi Pizzini, Pietro Jaspers, Carlo Pizzini, Arturo Paluselli, Achille Dal Lago, Francesco Santini, Guido Zanolli, Giovanni Bonat, Hans Lietzmann, Ferdinando Cian. Grande successo di visitatori; vendite, manco dirlo; NULLA. A questa, segui la mostra di Arturo Paluselli, all'inaugurazione della quale intervenne il professor Leonardi del Liceo, che gettò tutte le basi per istituire a Riva il Circolo di Cultura. Anche la mostra di Paluselli ebbe molti visitatori e un paio di acquirenti. Chiusa quella di Paluselli, si inaugurò la personale di Hans Lietzmann che espose una cinquantina di tavole illustranti la Sacra Scrittura.Fu anche questa una mostra molto interessante per il suo carattere. Venne inaugurata con una bella prolusione di don Teodoro Pouli. Con queste tre mostre fu chiuso il primo ciclo di attività del nostro gruppo, sorto senza alcuna assemblea, senza atti e senza statuti; è stato un fatto compiutosi spontaneamente, un fenomeno naturale piovuto dal cielo. Al sorgere dell'istituzione pitturai io la bandiera ispirandomi allo stemma di Parigi: FLUCTUAT NEC MERGITUR. Questo motto non ci abbandonò più. Da otto anni ci accompagna senza smentirsi fra difficoltà d'ogni specie; alternative di speranze e delusioni si sono fin'ora succedute; abbiamo veramente fluttuato e ci siamo sempre mantenuti a galla.
Anno 1948 - Resurrezione
Il 1948 segnò la resurrezione del "Gruppo Amici dell'Arte". Eravamo ormai senza sede e la necessità di avere un ambiente per noi si faceva sentire sempre più imperiosa. Ci rivolgemmo al Circolo Rivano di Cultura e chiedemmo ospitalità nella sua sede.
Avvenne proprio il contrario di quello che era avvenuto nel 1946. Trovammo nel professor Leonardi, allora presidente del Circolo, un cordialissimo sostenitore. Ci concesse subito due delle sale del Circolo; la prima e quella di mezzo (tanto, di fatto, il Circolo occupava solo l'ultima sala) dandoci la possibilità di allestire subito una prima mostra. Era rinato il "Gruppo Amici dell'Arte" se non proprio giuridicamente, almeno di fatto sicuramente.
Qui è necessaria per la storia una piccola parentesi. Il Circolo stava ormai, se non proprio agonizzando, almeno vegetando; si era ridotto alla sala di lettura nella quale si potevano ancora leggere non più di quattro quotidiani. Indiceva qualche riunione alla quale partecipavano quindici o venti persone e, malgrado la buona volontà del consiglio direttivo, andava lentamente spegnendosi. Poter allestire una mostra poteva rappresentare, per il Circolo di Cultura, una ripresa, e su questa il circolo puntava tutte le sue speranze. Se non che noi, vigliacchissimi individui, accettammo di fare la mostra come Circolo (il nostro scopo era d'insediarci nella loro sede); una volta dentro, invece di cercare di risollevare le sorti del Circolo di Cultura abbiamo fatto del nostro meglio per farlo andare alla malora per avere poi tutte le sale solo per noi.
Storia sintetica, che trova la sua conferma nello scritto di Arrigo CoIorio, che - alle note di Vìttone - aggiunge qualche significativo dettaglio. Furono anni intensi e costruttivi, contraddistinti da un costante, disinteressato impegno a favore della città: il gruppo 'Amici dell'Arte", che nel 1952 risultava composto dai pittori Giovanni Bonat, Mario Bettinazzi, Achille Dal Lago, Umberto Maganzini (1894-1965), Mario Matteotti, Arturo Paluselli, Luigi e Carlo Pizzini, Alberto Susat (1898-1977), Giacomo Vìttone, e dagli scultori Aroldo Pignattari (1913-1999 e Silvio Zaniboni (1896-1980) come risulta da una nota di Pignattari.
ben lungi dal chiudersi orgogliosamente in se stesso, si fece propulsore di innumerevoli manifestazioni che non solo vivacizzarono l'ambiente, ma contribuirono non poco a ridargli coesione. Non si contano le iniziative promosse dalla Rocca, divenuta il polo culturale della città: concerti di canzoni alpine, saggi corali, concorsi di disegno per gli alunni delle scuole cittadine, corsi di aggiornamento (durante quello dedicato agli agricoltori, tutti i giorni, dopo le conferenze, si doveva profumare la sala perché i partecipanti erano "impregnatissimi" dell'odore di stalla), prolusioni, rappresentazioni teatrali e concerti lirici, conferenze, assemblee di cacciatori, commercianti, mutilati e invalidi.
Un fervore eccezionale in una piccola città di provincia, all'indomani di una guerra che era stata responsabile di non poche lacerazioni nella popolazione. Dietro ad ogni iniziativa, l'entusiasmo e la disponibilità di Vittone, il quale instancabilmente, caparbiamente e disinteressatamente, si metteva a disposizione di tutti. Sembra ancora di vederlo mentre, con la più grande naturalezza, preceduto dalle sue lunghe gambe, portava e sistemava sedie, puliva, rassettava, salutando tutti con la sua voce robusta che, nemmeno dopo tanti anni di residenza a Riva, mai perdette l'accento piemontese! Nel 1952, egli e Pizzini vennero scelti quali rappresentanti di Riva per una mostra di pittori trentini tenutasi a Trieste. Furono anni di formazione per tanti: le sale della Rocca si aprivano a conferenzieri, compagnie di prosa (memorabile quella del "Carrozzone" di Fantasio Piccoli), concerti, mostre. Vittone era sempre in moto, non per protagonismo (nulla gli era più alieno di questo), ma per spirito di servizio. 1 personaggi della cultura rivana li si trovava poi nelle scuole (quanti spunti per i propri schizzi trasse Mario Matteotti dal suo lavoro d'insegnante!), nelle strade e, nel tardo pomeriggio, magari prima di tornare a casa dopo il lavoro, nella grande, fornitissima libreria della "Tosca", sempre disponibile ad accogliere chiunque lo volesse, generosa nell'offrire in visione l'ultima novità libraria e a raccogliere adesioni per le "trasferte", soprattutto a Rovereto, del neo costituito gruppo "Amici della Musica". Qualcuno poi attraversava la strada per salutare Mario e Piero Bettinazzi la cui farmacia stava proprio di fronte. Il dottor Mario, quando non era indaffarato con le vecchiette di Riva che gli chiedevano i suoi "miracolosi" toccasana e che si fidavano ciecamente dei suoi preziosi consigli, se ne stava in camice bianco sulla soglia di quella che, nonostante i tempi mutati, conservava l'atmosfera dell'antica spezieria. Era, casa Bettinazzi - oggi. come la libreria Tomasoni, ahimé, ormai solo un ricordo! - punto d'incontro abituale di tanti amici di gioventù, molti dei quali non più residenti stabilmente in città. Vi convergeva, quando faceva ritorno a Riva - tra gli altri - Alberto Susat, dalla figura imponente e dal bel volto scultoreo, il quale dal 1924 si era trasferito a Salisburgo per dedicarsi interamente alla pittura, avendo abbandonato proprio per questo il suo ufficio presso le Ferrovie dello Stato. Era divenuto cittadino onorario del capoluogo austriaco per aver salvato, restaurandoli, gli affreschi di Faistauer, gravemente danneggiati dalla guerra; aveva ricevuto varie onorificenze, tra cui la nomina a professore honoris causa dal Ministero della Pubblica Istruzione di Vienna, la stella della Solidarietà Italiana dal nostro Ministero degli Esteri e, nel 1958, anche la sua Riva, dove oggi è sepolto, lo aveva insignito della medaglia d'oro. Accanto a quella dei Bettinazzi, la casa di Ines Caprara: era lì che veniva ospitato il pittore futurista Umberto Maganzini (aveva conserva-io nel suo modo di parlare lo spirito focoso e battagliero del gruppo), amico di Depero, Marinetti e Balla, già assistente di Socrate: assente da Riva da moltissimi anni, aveva tuttavia tenuto i contatti con la città, dove aveva frequentato le "Civiche" ai primi del Novecento, avendo per compagni di classe Giovanni (poi Giancarlo) Maroni, Silvio Zaniboni e Mario Crosina, il primo direttore della Biblioteca Civica.
Sorto il Museo Civico, di cui Vittone fu il curatore fino al 1961, anno del suo trasferimento ad Ostia, tutte le attività culturali di Riva divennero di sua competenza.
"Devi poi sapere - scriveva Vittone a Mario Crosina rievocando gli anni del suo impegno a favore dell'istituzione - che in margine al Museo c'era tutta una cerchia di persone di cultura di tutta Italia: artisti, conferenzieri, poeti ecc., tutta gente che collaborava con una certa intensità per veder sorgere un centro di cultura di una certa importanza"
Di tale stile di lavoro non settoriale e non settario ("Avevo sempre accettato la collaborazione di tutti e mai chiesto a nessuno di che colore avevano la tessera, ma quando subodoravo puzza di politica li cacciavo a bastonate - ci deve essere ancora qualcuno a Riva che ha sentito la tenerezza del mio bastone"12, sono sempre parole di Vittorie) beneficiò anche il gruppo Amici dell'Arte che rimase collegato ad esso (lo sarà fino al 1970) pur acquisendo man mano autonomia e divenendo propulsore di se stesso.
Alla fine degli anni Sessanta, però, l'attività del gruppo appariva notevolmente ridotta, alcuni suoi aderenti s'erano dispersi; per poter esporre a Riva, ci si dovette rivolgere al gruppo di pittori di Maderno, Trento, Milano, Bologna, Pavia, Heilbronn, nonostante il notevole successo registrato nell'agosto 1968 da una collettiva dei fratelli Carlo e Luigi Pizzini, Mario Matteotti, Aroldo Pignattari. Nel 1966 gli 'Amici dell'Arte", rifacendosi a un'idea di Giacomo Vittone, decisero di istituire una Casa degli Artisti a lui dedicata nel borgo medioevale di Canale. Nacque un comitato per sostenere l'iniziativa. Ne facevano parte: Saverio Adami, Marcantonio Alberti, Bruno Ardoin, Antonio Borlotti, Gianni Bresciani, Carlo Carloni, Italo Cinti, Mario Crosina, Luigi Dalbianco, Dante Dassati, Giorgio Fuganti, Ezio Guella, Mauro Guella, Vasco Guella, Ivano Fontana, Silvio Levri, Mario Matteotti, Dario Mosaner, Claudio Odorizzi, Aroldo Pignattari, Riccardo Pinter, Danilo Tosadori.
L'impresa venne realizzata e suo presidente fu l'allora assessore Dario Mosaner.
Così scrive Mario Matteotti in un ricordo di Arturo Paluselli: "Quando nel 1966 si decise di onorare chi si era impegnato nella realizzazione del Gruppo degli Amici dell'Arte, istituendo una Casa degli Artisti fra i ruderi di Canale, Arturo Paluselli con entusiasmo aderì all'iniziativa e contribuì con l'offerta dei suoi quadri. Era un ritorno alle origini, ai posti che lo avevano visto iniziare la lunga via dell'arte. Il Gruppo Amici dell'Arte come l'aveva impostato Vìttone, univa tutti gli amanti delle arti figurative: artisti, critici, studiosi, appassionati, residenti in quel di Riva o altrove, di ogni credo, senza distinzione politica: era una "fratalia" di fatto, senza reggitori o statuti, una romantica, anarchica, congrega francescana: chi comandava serviva gli altri e la Comunità in nome dell'arte. Gli Amici dell'Arte ed il Museo Civico erano i garanti della realizzazione della Casa degli Artisti a Canale di Tenno"
La scelta del posto non era stata certamente casuale: quei paesi, che ben sapevano cosa significassero povertà ed emigrazione, avrebbero potuto rivivere, e poi, quante volte gli Amici dell'Arte erano saliti in quei luoghi per ritrarre i muri consunti dal tempo, gli scorci rimasti intatti nei secoli!
Era quello il "favoloso mondo di Calvola" caro da sempre a Vittone: "Il mio "studio" è tutto nel mio sacco da montagna. La domenica prendo lo "studio" in ispalla e me ne vado nel favoloso regno di Calvola", aveva annotato nel 1957.
Come primo atto importante della sua vita, la Casa degli Artisti "Giacomo Vìttone" diede il via, nel marzo 1969, al premio di pittura "Giovanni Segantini", aperto ancor oggi ad ogni pittore sia italiano che straniero, a qualunque tendenza egli appartenga. Curatore instancabile della casa, la quale accolse per anni artisti da tutto il mondo, fu Dante Dassati, discreto, onnipresente, generoso, simile di cuore e di fisico all'amico Vittorie.
Dassati e Vittone, galantuomini della stessa tempra, sorretti dalla stessa concezione di vita: "Anche se qualcuno riuscisse a mettere insieme tutti i miliardi di questo mondo, se non è sostenuto da una carica di spirito, di fede e anche di sacrificio, sarà sempre soltanto un povero uomo."14 Quando morì "il Dante", per Vittone nemmeno Calvola fu più la stessa: "Purtroppo il nostro Dante non c'è più. Mi creda, quel "non c'è più" ha creato un vuoto dentro di me che mi fa sentir soltanto più inutile. Io ho perduto un grande amico, Riva ha perduto un'istituzione e la Casa degli Artisti ha perduto suo Padre. Ammesso (dico ammesso) che questa "casa" gli sopravviva, non sarà più altro che un corpo senz'anima; un Dante numero due, per ora, non lo vedo."15 Giacomo Vittone, pur afflitto da vari acciacchi e deluso dalla piega che aveva assunto la politica, seguitò ad inviare i suoi dipinti su carta d'impacco e su carta di giornale agli amici che gli erano rimasti fedeli. Nonostante le mani non riuscissero più a sostenere la penna, reggevano ancora il pennello: "Meno male che in tanto sfacelo ogni tanto sento ancora il bisogno di pitturare, faccio quello che posso, ma sento che per me è una medicina portentosa, quando pitturo mi pare di parlare con Dio, tutto quello che succede intorno a me non lo sento più, mi pare di essere nel Paradiso dei felici, poi, quello che viene fuori è sempre una delusione, ma pazienza, speriamo nella prossima volta"16. Morì ad Ostia il 1 giugno 1995.
Nel 1983, il gruppo 'Amici dell'Arte" che, dopo il terremoto del 1976, non aveva avuto più la sua sede in Rocca e aveva trovato il proprio spazio espositivo alla Galleria Craffonara, designò - dopo una breve parentesi in cui la sua guida fu assunta da Germano Alberti - quale proprio presidente il professor Araldo Pignattari. A quell'epoca il sodalizio comprendeva una quarantina di iscritti, artisti dilettanti dei comuni di Riva, Arco, Tenno, Nago-Torbole17. Araldo Pignattari nato a Bomporto in provincia di Modena, ma rivano d'adozione (si era stabilito a Riva nel 1949), alle doti artistiche univa notevoli doti umane. Era inoltre buon conoscitore della realtà locale, avendo svolto per lunghi anni l'attività di apprezzato insegnante di disegno e storia dell'arte nelle scuole cittadine, medie e liceo. Pignattari, che aveva al suo attivo numerosissime mostre collettive e personali, e le cui opere adornavano vari punti di Riva e del Trentino, cercò di alzare il "tono" del gruppo, spronando ogni componente con i suoi consigli, organizzando visite a mostre e a città d'arte quali Milano, Bergamo, Ferrara, Ravenna, Venezia, Verona. Sotto la sua guida vennero compiute numerose esposizioni a Riva, Arco, Folgaria, Canale di Tenno, e si introdusse ( 1990) la consuetudine delle mostre di ferragosto degli 'Amici dell'Arte". Alcune di tali iniziative servirono anche a raccogliere fondi per opere benefiche o per il restauro di edifici storici; tra di esse meritano menzione le Collettive del gruppo Amici dell'Arte (1990; 1991) tenutesi nella sala Segantini di Arco che destinarono il ricavato delle opere vendute rispettivamente al restauro della Collegiata e alla città di San Pietroburgo, e la mostra 'Aiutiamoli a vivere", a favore dei bambini della Bielorussia tenutasi nel 1997 a Pieve di Ledro. Per il restauro della Collegiata anche Cirillo Grott, che da circa un anno era tornato ad esporre con i vecchi amici, aveva offerto una sua opera. Purtroppo non potè vedere i risultati della sua generosità, perché morì nel febbraio del 1990. Si dovette a Pignattari, quale presidente del gruppo 'Amici dell'Arte", tra il resto, la proposta del restauro dell'affresco di Hans Lietzmann, l'artista berlinese che tanto aveva contribuito all'incremento del turismo di Torbole. Per comprendere la tempra dell'uomo e la sua filosofia di vita, vale la pena di trascrivere il testo della lettera che egli inviò all'allora assessore alla Cultura del Comune Nago-Torbole: "1/ gruppo 'Amici dell'Arte" si permette di segnalare le precarie condizioni dell'affresco murale sulla facciata di Casa Beust.
Opera pregevole del Maestro Hans Lietzmann raffigurante il miracolo di "S. Antonio con i pesci".
Sarebbe grave ritardare il restauro essendo un simbolo da non perdere in quanto ha un duplice significato; la pesca che per Torbole fu una risorsa, e così l'arte-, vedi Goethe, ed i pittori che gravitavano attorno ad essa nel secondo dopoguerra, proprio in casa Beust il cenacolo culturale di Kaldor. Anche questi personaggi hanno contribuito al turismo di Torbole. Purtroppo, con i tempi che corrono, non esiste nemmeno più il tempo di alzare gli occhi e di osservare ciò che ci circonda e soprattutto lo spirito per guardare una qualsiasi opera d'arte chiunque sia l'autore.
Bisogna saper apprezzare anche queste cose in quanto fanno parte integrante di noi, un patrimonio interiore inestimabile, da salvaguardare e proteggere. Il gruppo "Amici dell'Arte" di Riva del Garda, ha sentito il dovere civico di segnalarLe il problema..."
Nel 1996 Albino Franco, che fu assai vicino al Presidente, gli propose di raccogliere in un opuscolo la vita dell'associazione dalle origini in poi. E' lo stesso Albino a raccontarlo:
(Era l'anno 1996: in una fredda mattina di gennaio, il professor Pignattari, Luigi Meregalli, ed io ci eravamo riuniti presso il bar delle ACLI (non avevamo ancora una sede). All'ordine del giorno vi erano problematiche inerenti ad eventuali mostre: come sempre vi era in noi una gran voglia di fare a vantaggio del gruppo 'Amici dell'Arte". Da tanto tempo mi accompagnava un pensiero: perché non raccogliere della documentazione per dare alle stampe un libretto con la storia di una così valorosa associazione, cui, dalla sua fondazione in poi, avevano aderito anche ottimi pittori e scultori, molti dei quali scomparsi? Sarebbe stato un doveroso ricordo di chi aveva operato prima di noi, ma anche un impegno, visto che l'associazione vanta cinquantatré anni di attività.
Lo scopo del libretto sarebbe stato dunque quello di far conoscere la storia di tale gruppo che, talvolta, ai non addetti ai lavori, potrebbe :are l'impressione, non vera, di essere un'associazione elitaria ed esclusiva. Avrebbe inoltre potuto essere un mezzo efficace di autopresentazione, un buon biglietto da visita per qualsiasi richiesta espositiva.
Per questo motivo lanciai al prof. Pignattari, allora presidente, l'idea del .foro, ed egli si disse subito d'accordo. Ne riparlammo ancora nel 1997.
Malauguratamente la cosa non potè aver seguito per la malattia improvvisa che colpì il presidente.
Il 1 luglio 1999 avvenne ciò che non avremmo mai voluto accadesse: la perdita di un amico e presidente che, grazie alla sua tenacia, tolleranza, amore per l'arte, aveva sempre tenuto il gruppo unito. Grande è stata la sua lezione di umanità, umiltà e moralità; emblematico il suo rispetto per tutto e tutti."
Nell'ottobre del '98 si era costituto un nuovo direttivo composto da Caterina Benamati Baroni in qualità di presidente, Luigi Meregalli vice presidente, Albino Franco, Giovanni Bucci, Moreno Fabbro, Valerio Rosa, Elia Travella. Il gruppo si impegnava "nel cercare di allargare la partecipazione all'attività culturale soprattutto da parte dei giovani, per trarne stimoli ed esperienze nuove, promuovendo mostre-dibattiti, visite a musei, retrospettive di pittori, anche scomparsi, che erano stati parte viva e memoria del gruppo stesso". Il 1999 vide la realizzazione di varie iniziative, la più importante delle quali fu senz'altro la retrospettiva - allestita nella galleria G. Craffonara - dedicata a Giovanni Bonat, uno dei fondatori, come abbiamo visto, del gruppo 'Amici dell'Arte".
Così lo ricordò nella presentazione della mostra, Mario Matteotti, rievocando, con la figura del pittore, anche lo spirito che aveva animato il sodalizio artistico formatosi dieci lustri prima: "Agli inizi degli anni Cinquanta si stava allestendo la prima collettiva degli Amici dell'arte nella Rocca di Riva del Garda. Dalla rampa delle scale spunta un uomo che reggeva a malapena due grandi quadri. Si ferma all'ingresso della galleria e appoggia le opere agli stipiti della porta. Vedendolo, Giacomo Vittone esclama: "Ecco il nostro Bonat, grande pittore e fedele amico dell'arte!" e, rivolto agli altri, aggiunge: "Con Giovanni, ci incontriamo sempre: a Calvola, a Canale, sul Sarca... dappertutto dove c'è da rovinare un paesaggio!"
Per Dominicus, nessuno era in grado di imitare le bellezze della natura, ed i pittori, anche i maestri, rovinavano il paesaggio quando cercavano di copiarlo. Bonat si schermì, felice, prese fiato e portò dentro i quadri, si sedette su una sedia e attese compunto."
Attualmente il gruppo 'Amici dell'Arte" conta 56 iscritti, alcuni dei quali semplici sostenitori. Esso ha iniziato una buona collaborazione col Museo Civico, organizzando visite a mostre, come a quella relativa alle ceramiche di Picasso, tenutasi al palazzo dei Diamanti di Ferrara. Il 2000 vedrà la realizzazione, presso la galleria Craffonara, della rassegna "Donazioni dal 1940 al 1970" riguardante le opere offerte dagli artisti al gruppo, ed ora custodite al Museo. Assai attesa la retrospettiva dedicata ad Aroldo Pignattari, l'indimenticabile presidente ed amico, organizzata dalla Casa degli artisti "Giacomo Vittone" a Canale di Tenno.
Appendice
"Amici dell'Arte"
Sintesi Storica di Arrigo CoIorio
Tutto cominciò, come poi tante iniziative, nella libreria di Tosca Tomasoni. Correvano gli anni '43/'44 e alla sera, dalle 17 in poi, ci si trovava "dalla Tosca" per parlare d'arte, musica e pettegolezzi locali. Il prof. Luigi Pizzini era il primo ad arrivare perché cenava alle sei e poi andava a letto ("con le galline", come egli diceva). Con lui c'erano spesso il fratello Carlo o il maestro Bacchi, anziano insegnante, a noi, quando veniva da Roma dove abitava, si univa Umberto Maganzini, sempre agitato e sempre pronto a mettere una bomba alla lapide di un comandante alpino sita nei pressi della centrale elettrica. C'erano talvolta degli amanti della musica ed allora erano altri argomenti.
Io ero giovanissimo, cliente assiduo della libreria, portavo con me sempre un piccolo quaderno da disegno dove disegnavo da molti anni gli angoli più suggestivi di Riva, il "mio" lago e gruppi di muratori nei vari cantieri.
Erano allora di moda i vari Guttuso, Vespignani, Migneco, tutti pittori figurativi che m'influenzavano nei miei lavori. Il professor Pizzini voleva sempre visionare i miei schizzi e mi consigliava per il meglio.
Entrai così nel Gruppo stabilmente: si discuteva e si facevano progetti per l'avvenire. Un giorno, verso la fine degli anni '43, al professore venne l'idea di creare una scuola serale di disegno per trovarsi tutti assieme a dipingere. Si dette l'incarico a Paluselli e a Dal Lago di fare domanda al sindaco per avere a disposizione un locale dove iniziare l'attività. Si ottenne solo il permesso di usufruire alla sera di un'aula della Scuola Media di via Damiano Chiesa e così la nostra scuola iniziò.
Fummo poi spostati in altre sedi e cioè alle "Veronesi", come si diceva allora, dove c'erano aule usate dal Liceo adiacente e, per un periodo, allo stesso Liceo.
Si prendeva un modello, uomo, donna o ragazza, ed ognuno lo interpretava secondo vari punti di vista.
Quando iniziammo eravamo in pochi: c'erano Luigi e Carlo Pizzini, Arturo Paluselli, Achille Dal Lago, (per la verità non troppo assiduo) Giovanni Bonat, Giacomo Vittone (Dominicus), Guido Zanolli, Francesco Santini, Roberto Zontini, Mario Bettinazzi, e tre giovanissimi: Giancarlo Tomba (ora in Argentina), Camillo Bolognani (maestro perennemente disoccupato) ed io, Arrigo CoIorio, il più giovane di tutti. Questo è il Gruppo storico di quelli che sarebbero divenuti gli 'Amici dell'Arte".
In seguito si aggregarono: Aroldo Pignattari, Catullo Lutterotti, Franco Baroni di Arco, Velia Graziani, qualche altro di cui ora mi sfugge il nome, e un pittore tedesco, Pietro Jaspers, che si era unito al nostro gruppo.
Presto i locali a nostra disposizione risultarono troppo ristretti e Vittone ebbe l'idea di chiedere al Comune di Riva che ce ne mettesse a disposizione uno nella Rocca. Incaricò Carlo Pizzini che frequentava il Municipio per lavoro (Azienda Autonoma) di farne domanda e così ottenemmo per noi le tre sale del primo piano site sopra il portone d'ingresso della Rocca.
Per noi fu una manna caduta dal cielo: erano sale bellissime e spaziose e iniziammo così ufficialmente a chiamarci 'Amici dell'Arte". La nuova sede fu inaugurata ufficialmente con il logo disegnato da Vittone: una barca fluttuante, una torre della Rocca con il pontile e una grande onda lacustre con sotto la scritta "FLUCTUAT NEC MERGITUR".
Era il 21 Giugno 1946, erano passati due anni dall'inizio. Nel Salone principale, quello che sarebbe poi stato adibito alle esposizioni, fu allestita una mostra alla quale parteciparono Luigi Pizzini, Carlo Pizzini, Arturo Paluselli, Giacomo Vittone, Achille Dal Lago, Francesco Santini, Guido Zanolli, Giovanni Bonat, Hans Lietzmann, Fernando Cian (scultore) e Pietro Jaspers.
La mostra ebbe un ottimo successo di pubblico (non di vendite, come dice Vittone).
A questa prima esposizione seguì quella di Paluselli nel luglio 1946 e poi via via molte altre.
Ogni anno si teneva la collettiva del gruppo: era Vittone che l'allestiva di sua iniziativa senza chiedere nulla a nessuno, cosicché noi giovani trovavamo appesi i nostri disegni a nostra insaputa. Faceva tutto lui.
Quello tra il '44 e il '46 fu un periodo bellissimo, contraddistinto da allegria e tanta volontà di far bene; tutti uniti si lavorava con serietà, scambiandoci una moltitudine di belle idee. Luigi Pizzini visionava le nostre opere e, all'occorrenza, ci correggeva. Giovanni Bonat ci rallegrava con i suoi consigli, invitandoci sem-ere ad iniziare la figura con un cerchio dentro il quale lavorare; noi ridevamo, perché molte teste erano quadrate, o triangolari e allora lui diceva: io lo so, perché sono allievo di "CINEBUE", come lui aveva ribattezzato scherzosamente il maestro di Giotto. '.'. 1947 fu però anche l'anno della nostra fine: la nostra vivacità si era gradualmente andata esaurendo e, nel frattempo, era sorto il Circolo Rivano di Cultura - io ne fui uno dei primi iscritti - che si installò nella nostra sede. Così il gruppo "Amici dell'Arte" ufficialmente decadde.
Colatamente però si continuava ad operare: io mi ero installato in _:na saletta della Rocca e a me si unì Vìttone. Rimanemmo in comuni-:à fino al 1957, quando io mi trasferii ad Arco per sposarmi nel 1958. Nel frattempo il prof. Luigi Pizzini era riuscito a realizzare un sogno che covava da lungo tempo: una mostra del "Paesaggio del Garda". Il fratello Carlo, allora dirigente dell'Azienda Autonoma di Soggiorno, lo aiutò, si formò un comitato ed egli ne assunse la Presidenza. La mostra, inaugurata il 10 Agosto e conclusa il 20 Settembre 1947, hi allestita al primo piano del Liceo Maffei ed ebbe un ottimo successo di visitatori giunti da tutta Italia. Vi parteciparono molti artisti in auge a quell'epoca e fu presentata dal critico Silvio Branzi; la giuria era composta dai maestri Felice Carena, Carlo Della Zorza, Raffaele De Grada, Enrico Paolucci, Arturo Tosi ed un rappresentante dell'Azienda Autonoma di Riva, Carlo Pizzini e Enrico Gaifas. Tutti i membri della giuria esposero fuori concorso le loro opere assieme a Pio Semeghini e Filippo De Pisis. In concorso ben 107 pittori alcuni dei quali sarebbero divenuti artisti importanti degli anni '50/'60; tra questi Nemo Mori, Fioravante Seibezzi, Umberto Lilloni, Orazio Pigato, Moreno Zoppi, Giorgio Valenzin, Adriano Spilimbergo, Leonardo Spreafico, Attilio Alfieri, Achille Cavellini, Carlo Hollesch, Alberto Casarotti, Franceso Menzio, Albino Galvano, Walter Pozzi, Romano Conversano, e Carlo Sbisà. Il primo premio fu vinto a pari merito da Enzo Morelli di Milano e Fioravante Seibezzi di Venezia. Per la cronaca dirò che, delle opere in concorso, la migliore era quella di Luigi Pizzini al quale però, essendo un pittore locale, fu conferito un premio minore. Ai vincitori spettarono centomila lire, Pizzini ne ricevette ventimila. Nel 1948 vi era stata la cosiddetta "risurrezione" del gruppo 'Amici dell'Arte", ma in realtà fu un assalto politico di appropriazione: un gruppo di giovani di orientamento politico ben definito, con il beneplacito delle autorità comunali occuparono il Museo, che stava rinascendo grazie al lavoro di Vittone, e tutta la Rocca. Vittone ed io rimanemmo nel nostro covo ben distinti fino alla mia partenza per Arco.
Gli Amici dell'Arte" si installarono nelle sale del gruppo originario che nel frattempo erano state occupate dal Circolo di Cultura Rivano ormai però agonizzante, vista la poca sensibilità della gente di Riva
verso la cultura.
Quanto ho scritto è una ricostruzione ben fissa nella mia memoria,
avendola vissuta per 13 lunghi anni.
Mi scuso per qualche nome che mi sia sfuggito o abbia dimenticato.
Arrigo Colono Riva, Marzo 1999"
Agosto 2000
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