| Storia
- Fiorenzo Degasperi -
Gli Amici dell'Arte 1946-2006
La storia del Trentino mostra come in questo territorio il principio della cooperazione è da sempre profondamente radicato. Il fenomeno dell'associazionismo, così singolarmente diffuso in tutti i settori del tessuto sociale, risulta quindi la naturale emanazione di una situazione più generale.
La nascita delle prime associazioni - di carattere economico, mutualistico, religioso, scientifico, culturale e ricreativo - risale addirittura agli anni Sessanta dell'Ottocento. L'esempio di "società" che ha costituito per buona parte dell'associazionismo trentino un riferimento importante è stata la S.A.T., Società degli Alpinisti Tridentini, fondata ufficialmente nel 1872.
Nel campo culturale bisogna fare riferimento al circolo della Pro-Cultura, sorto a Trento alla fine del XIX secolo, che caratterizzò in maniera determinante la formazione dei circoli di estrazione borghese.
L'ambito più propriamente artistico è segnato nella seconda metà del secolo scorso dalle vicende del Sindacato Italiano Artisti Belle Arti che, per decenni, si è occupato di organizzare mostre biennali, inizialmente alternando le sedi di Trento e Bolzano e successivamente estendendo tale attività espositiva a tutto il Triveneto. Grazie all'attività della SIABA sono arrivati in Trentino artisti di levatura nazionale. Nei primi anni Settanta nasce inoltre la FNLAV (Federazione Nazionale Lavoratori Arti Visive) che, assieme al Sindacato già esistente, ha contribuito in modo decisivo alla nascita del Museo Provinciale d'Arte nella sede di Palazzo delle Albere.
A parte la precoce esperienza del Circolo Artistico del Cavallo Azzurro, nato nel 1946, e ancor prima del Circolo Artistico Trentino di cui Luigi Bonazza era presidente (vi partecipavano gli artisti Luigi Ratini, Camillo Bernardi, Cesare Covi, Oddone Tomasi, Ermete Bonapace, Davide Rigatti, Stefano Zuech e gli architetti Wenter Marini e Sottsass) il fermento associazionistico trentino si ampliò a partire dagli anni Sessanta. Pensiamo alla nascita di Astrazione Oggettiva (1976, Aldo Schmid, Luigi Senesi, Mauro Cappelletti, Gianni Pellegrini, Wenter-Marini e Diego Mazzonelli), gruppo che però non aveva finalità sindacali o associative in quanto partecipava all'elaborazione di una teoria visiva comune.
In questo panorama si differenzia la situazione culturale del Basso Sarca, precisamente di Riva del Garda. La città benacense da sempre è stata crocevia di esperienze culturali, snodo di transito delle culture che venivano, per via d'acqua o di terra, dalla Lombardia, dal Veneto. A loro volta territori di scambi tra culture mediterranee e quelle nordiche.
Una ricca tradizione artistica le permetteva di porsi all'attenzione degli estimatori d'arte d'entrambi i territori. Qui nacque, da genitori badioti, Giuseppe Antonio Craffonara (7 settembre 1790) che portò l'arte religiosa nelle terre dell'impero austroungarico. Nella città approdò l'architetto Giovanni Maroni (cambierà il suo nome in Giancarlo nel 1913 per evitare l'omonimia con un parente) nato nella vicina Arco il 5 agosto 1893. Vi trova le radici anche Riccardo Maroni, l'ideatore e l'estensore della famosa "Collana Artisti Trentini". Ci sono lo scultore Silvio Zaniboni e il pittore Umberto Maganzini. Entrambi frequentano la Scuola Civica di Riva del Garda per poi completare gli studi alla Scuola Reale Elisabettiana di Rovereto. Come scrive Fulvio Irace (Magister de Vivis Lapidibus. Giancarlo Maroni, architetto benacense, in "L'architetto del Lago. Giancarlo Maroni e il Garda", ed. Electa-Museo Civico di Riva del Garda, 1993) a proposito del clima culturale alla fine della I guerra mondiale, nella geografia culturale dell'Italia, Riva è lontana dai grandi poli del dibattito del dopoguerra: è al centro però di una rete periferica e tuttavia nodale per l'articolarsi di un dialogo tra le capitali - Roma e Milano - sui destini politici e simbolici delle terre "redente".
E' questo humus che via via cresce e si dilata fino a diventare elemento catalizzatore per gli artisti presenti in zona. E così Riva del Garda vede un fecondo e partecipato gruppo di artisti e amici che si incontrano presso la libreria di Tosca Tomasoni. Sono gli anni a cavallo del 1943/44 e quando il sole si nascondeva dietro le vette sovrastanti la cittadina lacustre, dalle 17 in poi, la libreria vedeva un continuo andirivieni di gente di cultura. Come ricorda Arrigo Colorio, il prof. Luigi Pizzini era il primo ad arrivare perché cenava alle sei e poi andava a letto ("con le galline", come egli diceva). Era accompagnato spesso dal fratello Carlo o dal maestro Bacchi. Da Roma arrivava spesso Umberto Maganzini (Trilluci) che nella città eterna aveva trovato residenza assieme ai suoi fratelli oltre che amicizie e conoscenze nell'ambiente artistico, complice Fortunato Depero che lo porta da Giacomo Balla e lo muta in un neofita del futurismo. Ma qui approdavano anche amanti della musica, della letteratura.
Sempre nel 1943 Luigi Pizzini crea una scuola serale di disegno, presso le sale della scuola media di via Damiano Chiesa (angolo via Pernici). In questo progetto coinvolge Arturo Paluselli, lavorante negli alberghi della riviera, pittore nel tempo libero perché ama l'arte e il colore, e Achille Dal Lago, in quel periodo vicino al rinnovamento futurista, soprattutto interessato a rinnovare il linguaggio della comunicazione visiva. Dopo pochi mesi la scuola si spostò presso le aule delle "Veronesi" e quindi in quelle del Liceo adiacente.
Era punto d'incontro e di fervidi scambi. Si pagavano 100 lire a sera e tutte le sere c'era a disposizione un modello che si prestava. Non c'era una linea stilistica precisa. Ognuno contribuiva con la propria esperienza ed indole mettendosi in mostra al cospetto del maestro, Luigi Pizzini, che consigliava, limava, magari faceva rifare il lavoro, ma sempre con competenza e innegabile valore costruttivo.
Luigi Pizzini era artista già affermato, indiscusso maestro, riconosciuto da tutti come un faro che li poteva guidare nella crepuscolare luce di una figurazione che in quegli anni tentava affannosamente di trovare nuove vie espressive. L'artista si era formato all'Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, a stretto contatto con i fremiti crepuscolari e romantici della pittura scapigliata, al pari di un altro grande trentino che viveva nella città lombarda e da quello spirito fecondo aveva tratto grande giovamento: Bartolomeo Bezzi. Una pittura quella di Pizzini tra sogno e sentimento, tra simbolo e decorazione, con particolare inclinazione al paesaggismo, a cercare l'essenza stessa del dato naturale. Un cromatismo affinato nella sua permanenza nella laguna veneta, a Venezia, più precisamente a Burano, invitato dall'amico Umberto Moggioli, dove conosce le atmosfere lattiginose, sfumate e indeterminate di un infinito avvolto dalle braccia delle nebbie autunnali e invernali. Con Rossi, Scopinich, Semeghini e molti altri, partecipa alla II mostra della fondazione Bevilacqua La Masa di Cà Pesaro, alla III Biennale d'arte di Venezia, ecc. L'artista poi visse un periodo di crisi profonda che lo allontanò dalla pittura. La ritrovò, la pittura, amica di sempre, grazie ad un allievo che accompagnava nell'entroterra benacense, seguendone lo sviluppo artistico. Riprese a dipingere e in seguito trovò nell'ambiente e nelle persone di Riva del Garda quello stimolo che lo riportò ad occuparsi di arte fino alla morte, avvenuta a novantatre anni.
Erano le sere in cui si vedevano al lavoro, oltre a Luigi Pizzini, il fratello Carlo, il farmacista Mario Bettinazzi, Roberto Zontini il pittore decoratore Giovanni Bonat, Achille Dal Lago (a dir il vero erano più le volte in cui "marinava" di quelle in cui c'era), Arturo Paluselli, Giacomo Vittone (Dominicus), Guido Zanolli, i fratelli Odorizzi e Francesco Santini. Poi c'erano tre giovanissimi, come ricorda sempre Arrigo Colorio: Giancarlo Tomba, ora in Argentina, Camillo Bolognani (maestro perennemente disoccupato) e lo stesso Arrigo Colorio, il più giovane di tutti. Si può dire che questo è il nucleo storico che nel 1946 fondò, sempre per volontà di Luigi Pizzini, il gruppo "Amici dell'Arte".
Nella scuola si discuteva soprattutto attorno alla figurazione che in quegli anni attraversava l'arte europea e innanzitutto quella italiana. Figlia del movimento Novecento, era alla ricerca di nuove espressioni. Pensiamo a Guttuso, Migneco, Vespignani, alla scuola romana, alle cadenze tardometafisiche di De Pisis, un artista questo molte volte ospite del Gruppo negli anni a venire.
Il momento pubblico si ebbe proprio nel 1946 quando vengono dati, su idea di Vittone e richiesta di Carlo Pizzini - il quale aveva incarico in Municipio - , alcuni locali nella Rocca. E' la prima mostra collettiva del Gruppo tenutasi in quelle sale: si inaugurò mercoledì 26 giugno 1946, ore 21. Vi parteciparono Luigi Pizzini, Pietro Jaspers, Carlo Pizzini, Arturo Paluselli, Achille Dal Lago, Francesco Santini, Giovanni Bonat, Hans Lietzmann, Ferdinando Cian e Guido Zanolli.
Subito dopo iniziarono le personali. La prima fu quella di Arturo Paluselli presentata dal prof. Angelo Leonardi seguita da quella di Hans Lietzmann con una prolusione di don Teodoro Pouli.
Quell'anno fu anche l'occasione per trasferire definitivamente la scuola di disegno nelle sale della Rocca, allora museo civico. Lì il salone principale venne dedicato alle future mostre collettive e personali, altre due sale alla scuola. La nuova sede fu inaugurata ufficialmente assieme alla collettiva del 26 giugno, con il logo disegnato da Giacomo Vittone, il quale raffigurava una barca fluttuante, una torre della Rocca con il pontile e una grande onda lacustre con sotto la scritta FLVCTVAT NEC MERGITVR. Logo riportato in copertina di questo catalogo.
Negli anni seguenti si aggregarono gli artisti Aroldo Pignattari, Franco Baroni di Arco, Velia Graziani, i
pittori tedeschi ma residenti nei centri rivieraschi Peter (Pietro) Jaspers e Hans Lietzmann, frà Silvio Bottes, Fernando Cian, Guido Danti, l'immancabile Umberto Maganzini, Mario Matteotti, Alberto Susat, Silvio Zaniboni e Roberto Zontini. Un gruppo, come ricorda Giacomo Vittone (pictor Dominicus, pittore della domenica come si autodefiniva, emulo di Walter Molino, di professione bancario), sorto senza alcuna assemblea, senza atti e senza statuti, un fatto compiutosi spontaneamente, un fenomeno naturale piovuto dal cielo.
A questa mostra ne successero moltissime altre, sia personali che collettive, sia di artisti del gruppo che invitati, tra cui artisti di valore internazionale. Era lo stesso Vittone che allestiva le mostre di sua iniziativa. Capitava che i giovani artisti rivani si trovassero le opere appese vicine ai maestri. D'altronde Luigi Pizzini visionava sempre tutte le opere e Giovanni Bonat interveniva spesso con consigli invitandoci sempre ad iniziare la figura con un cerchio dentro il quale lavorare; noi ridevamo, perché molte teste erano quadrate o triangolari e allora lui diceva: io lo so, perché sono allievo di "Cinebue" come lui aveva ribattezzato scherzosamente il maestro di Giotto (Arrigo Colorio).
Così con la prima mostra collettiva del 26 giugno 1946 presso la Rocca, si ebbe l'ufficializzazione, al cospetto dell'intero consiglio comunale, del Salone espositivo. Il Museo di Riva del Garda, nella moderna accezione del termine, come luogo dinamico atto a presentare, confrontare, esperienze diversificate, è nato ufficialmente. Il primo in Trentino sorretto da un gruppo di artisti che hanno a cuore la valorizzazione di un modo di fare cultura libero e spontaneo. Un'attività che convive con alcuni nuclei di collezioni conservati in altre sale, integrati in seguito da alcune importanti donazioni e dall'opera del Gruppo stesso (Marina Botteri, Il Museo Civico di Riva del Garda: riorganizzazione e possibilità di sviluppo, in Musei Trentini. Nuove strutture per gli anni '90, Trento, 1990).
Nel 1947 il Sindaco di Riva decreta lo scioglimento del Museo Civico e il patrimonio ivi contenuto viene disperso nei musei trentini. Sempre quell'anno, mentre proseguivano diverse personali dei fondatori, si ebbe lo scioglimento della Scuola e del Salone della Mostra Permanente. Era venuto meno l'entusiasmo la spinta aggregativa iniziale, basata sul volontariato e anche sul divertimento. Il sabato e la domenica si intraprendevano lunghe escursioni sul lago e sulle pendici del Monte Misone o nei numerosi villaggi sorti sulle sue propaggini, dove si lavorava en plein air e si finivano inevitabilmente le serate a bere, mangiare e raccontare aneddoti a Ville del Monte, presso la trattoria della "Belotta". Alla trattoria di Ville del Monte il gruppo ritornò negli anni Cinquanta quando numerose furono le "spedizioni", come le chiamava il gran pomodoro dominicus (Giacomo Vittone) con il famoso rapido di Calvola, dove, presso la casa della Belotta, il gruppo teneva riunione. La casa della Belotta è la sede naturale degli artisti: il loro cenacolo. L'amenità del posto, l'accogliente ospitalità, l'ottima cucina e anche il buon vino, l'hanno fatto diventare il paradiso degli amici dell'Arte i quali la considerano parte del loro sodalizio. Finché, il 25 ottobre 1951, il rapido di Calvola non partì: le fiamme avevano quasi distrutto la casa della Belotta. Venne meno un'importante luogo di relazioni dove si discuteva animatamente d'arte e di cultura fino all'alba.
Ma ritorniamo al 1947 e alla grave crisi del gruppo Amici dell'Arte. Per un breve periodo ognuno di questi artisti operò per conto suo, un po' scossi forse dallo scioglimento del Museo Civico effettuato da una Commissione formata da una ventina di eminenti personalità rivane convocate in Comune dal Sindaco perché nessuno si prendeva la briga di metterlo a posto. Nello stesso tempo venivano gettate le basi del costituendo Circolo Rivano di Cultura il quale trovò sede nelle sale dell'Hotel Europa e si preoccupò di organizzare diverse serate culturali dedicate alle arti.
Fu nuovamente Luigi Pizzini a rilanciare indirettamente il gruppo degli Amici dell'Arte. Nel 1947 riuscì a portare a termine un suo sogno: una mostra sul Paesaggio del Garda. Grazie al fratello Carlo, eminente personalità dell'Azienda Autonoma, la proposta passò e quindi si formò un comitato. Il Premio Nazionale "Paesaggio del Garda" si tenne nel piano terra del Liceo. Parteciparono Tosi, Carena, De Pisis, Dalla Zorza, De Grada, Menzio, Lilloni, Seibezzi, Morelli, Semeghini, Pigato e molti altri. Nove furono i premi che la giuria, presieduta da Arturo Tosi e composta da Felice Carena, Carlo Dalla Zorza, Raffaele De Grada, Enrico Paolucci, Carlo Pizzini ed Enrico Gaifas assegnò all'interno della manifestazione.
Oltre 150 opere vennero esposte e sebbene finanziariamente fosse stata un fallimento - il Comune dovette mettere una addizionale sulle bollette della luce per pagare i debiti e inevitabilmente i cittadini protestarono - in campo artistico segnò un primato nazionale.
Il 1948 è l'anno quindi della resurrezione del Gruppo Amici dell'Arte che, stimolati da questo avvenimento, ripresero fiducia. Per usare le parole di Giacomo Vittone (Dominicus): ci rivolgemmo al Circolo Rivano di Cultura e chiedemmo ospitalità nella sua sede… Era rinato il Gruppo Amici dell'Arte, se non proprio giuridicamente, almeno di fatto sicuramente.
Nel 1948, in ottobre, viene indetta la prima Mostra, chiamata "di tutti", perché potevano partecipare tutti quelli che volevano.
Luciano Baroni, sul Corriere Tridentino (mercoledì 27 ottobre 1948) scrive che la mostra di tutti, come è definita nei cartelli pubblicitari, mette in luce quasi per il ruotare di un caleidoscopio la girandola mutevole ed impensata degli indirizzi e delle tendenze stilistiche di quanti, grandi e piccini, formano oggi la numerosa schiera dei pittori rivani.
A questa mostra ne seguì una seconda, nel novembre 1949, definita "La seconda Mostra di tutti".
Giovanni Guardini (ne "Il Popolo Trentino", 23 ottobre 1948) sottolinea che è una mostra indubbiamente interessante: piena di cose belle, piena di promesse e soprattutto dimostrazione di una volontà di riuscire a qualunque costo che ci fa sicuri di un brillante futuro.
Dagli anni Cinquanta ad oggi l'attività proseguì intensamente, centrata per molti anni sulla Rocca, divenuta, come scrive Maria Luisa Crosina (I cinquant'anni del gruppo Amici dell'Arte, Arco, 2000) il polo culturale della città… Un fervore eccezionale in una piccola città di provincia, all'indomani di una guerra che era stata responsabile di non poche lacerazioni nella popolazione. Dietro ad ogni iniziativa, l'entusiasmo e la disponibilità di Vittone, il quale, instancabilmente, caparbiamente e disinteressatamente, si metteva a disposizione di tutti.
In questa scuola crebbero artisti come Aroldo Pignattari (Bomporto, Bologna, 1913 - Riva del Garda, 1999, rivano dal 1949), Mario Matteotti, lo stesso Giacomo Vittone. Carlo Sartori scende a piedi perfino dal Lomaso per incontrare Luigi Pizzini, camminare e dipingere con lui. Per l'artista l'ambiente rivano rappresentò uno stimolo incredibile che gli permise poi di sviluppare in maniera del tutto autonoma una tematica e una sorta di tecnica espressa attraverso l'uso di un cromatismo acceso. Una delle sue prime mostre la ebbe proprio a Torbole sul Garda (1962, Galleria Kaldor) e per interessamento di Aroldo Pignattari alla Galleria Città di Riva (1971). Questo solo per ricordare come l'ambiente rivano servisse in quel periodo da catalizzatore di eventi, da riferimento per chi voleva incamminarsi lungo le strade della pittura.
Un nuovo periodo di calo lo si ebbe verso gli anni Sessanta. Alcuni suoi aderenti si erano persi, altri avevano seguito strade individuali. Per poter effettuare una mostra a Riva si dovettero invitare artisti di Maderno, Trento, Milano, Bologna, Pavia, Heilbronn. Poi di nuovo la ripresa.
Nel 1966 gli Amici dell'Arte, rifacendosi a un'idea di Giacomo Vittone, decisero di istituire una Casa degli Artisti a lui dedicata nel borgo medioevale di Canale. Nacque un comitato composto da artisti ed estimatori, di cui facevano parte Saverio Adami, Marcantonio Alberti, Bruno Ardoin, Antonio Borlotti, Gianni Bresciani, Carlo Carloni, Italo Cinti, Mario Crosina, Luigi Dalbianco, Dante Dassati, Giorgio Fuganti, Ezio Guella, Mauro Guella, Vasco Guella, Ivano Fontana, Silvio Levri, Mario Matteotti, Dario Mosaner, Claudio Odorizzi, Aroldo Pignattari, Riccardo Pinter, Danilo Tosadori.
Mario Matteotti ricorda bene quell'avvenimento: era un ritorno alle origini, ai posti che lo avevano visto iniziare la lunga via dell'arte. Il Gruppo Amici dell'Arte come lo aveva impostato Vittone, univa tutti gli amanti delle arti figurative: artisti, critici, studiosi, appassionati, residenti in quel di Riva o altrove, di ogni credo, senza distinzione politica: era una "fratalia" di fatto senza reggitori o statuti, una romantica, anarchica, congrega francescana: chi comandava serviva gli altri e la Comunità in nome dell'arte. Gli Amici dell'Arte ed il Museo Civico erano i garanti della realizzazione della Casa degli Artisti a Canale di Tenno. Era il favoloso mondo di Calvola. E qui nacque, per inciso, nel marzo 1969, il premio di pittura "Giovanni Segantini", ancor oggi vitale nelle antiche contrade di Transforio ad Arco.
E' una novità importante quella del Premio, in un periodo storico in cui si contestavano in tutta Italia (ed Europa) i concorsi artistici. Ma, come scrive Vittorio Colombo (Costume e società. Gli anni Sessanta, catalogo, Museo Civico di Riva del Garda, 2005, ed. Nicolodi) Riva negli anni Sessanta era la luna… perché stranezza unica, città aliena e trasgressiva, del tutto "lunare rispetto al resto di un Trentino tradizionalista e conservatore… Sprizzava ottimismo e voglia di vivere alla grande.
E mentre dalle altre parti del mondo occidentale all'ordine del giorno il punto primo era fare la rivoluzione e al secondo varie ed eventuali, i rivani, per dirla sempre con Colombo, passarono direttamente al secondo punto: varie ed eventuali. Tra le varie che andarono per la maggiore negli anni Sessanta trovarono adeguata collocazione le feste e i divertimenti, e, in egual misura la celebrazione del mito del turismo. Così la città in un clima di pagana euforia, diede un calcio ai retaggi campagnoli degli anni Cinquanta, ancor agri da dopoguerra, e si scoprì "Perla del Garda". E si capisce allora come la passione, il divertimento, le mangiate e le bevute di un gruppo affiatato come gli Amici dell'Arte abbiano partorito uno dei premi ancor oggi più longevo tra quelli esistenti in Italia.
Nel 1976, dopo l'allestimento della mostra con artisti trentini del calibro di Carlo Andreani, Marco Bertoldi, Carlo Bonacina, Lea Botteri, Bruno Colorio, lo scultore Degasperi, Mariano Fracalossi, Alberto Graziadei, Lino Lorenzin, Guido Novello, Guido Polo, Cesarina Seppi, Remo Wolf e Zanetti, perdono la sede della Rocca e il gruppo si trasferisce alla Galleria Craffonara. Presidente Aroldo Pignattari. Per due anni, 1983/4, anche l'artista rivano Germano Alberti partecipò all'attività del gruppo, ricoprendo la carica di Presidente come da Statuto, chiamato dall'allora sindaco Mario Matteotti. Anni di indecisioni risolti dalla volontà e dall'interessamento dello stesso Matteotti, uno dei fondatori del gruppo. Nel frattempo la perdita della Rocca non permise più di allestire importanti mostre con artisti nazionali e internazionali anche se le sale della Galleria Craffonara supplivano in qualità la mancanza della quantità.
Nel 1983 il sodalizio contava una quarantina di iscritti provenienti dai comuni del Basso Sarca: Riva, Arco, Tenno, Nago-Torbole.
Nel 1986 sono i primi ad invadere il territorio circostante per salvaguardarlo. Nel 1986 Aroldo Pignattari, Franco Albino, Giuseppe Leoni, Umberto Zanin, quali membri del Collegium Nativitatis, allestiscono presso la Pinacoteca Europa a Canale di Tenno, "Natale 86". E' stata la prima esposizione in Trentino di sagome dedicate al tema natalizio collocate all'interno delle labirintiche stradine del borgo medioevale.
Inoltre Aroldo Pignattari introduce la tradizione della mostra estiva degli Amici dell'Arte, da tenersi a ferragosto sotto i portici del Comune di Riva in Piazza III Novembre. Tradizione che dura ancor oggi. Nacquero poi iniziative per raccogliere fondi per opere benefiche, o per il restauro di edifici storici. Iniziative raccolte nel testo di Maria Luisa Crosina.
Nel 1996 ci si ritrova presso il bar delle Acli - dal 1990 la Rocca era in restauro - per discutere una proposta di Albino Franco a proposito di raccogliere in un opuscolo la vita dell'associazione dalle origini in poi. Progetto che si concretizza soltanto nel 2000.
Nell'ottobre del 1998 un nuovo direttivo cerca di allargare l'influenza dell'arte nel mondo giovanile, cercando di stimolare attraverso mostre-dibattito esperienze nuove. Il presidente è Caterina Benamati Baroni, vice Luigi Meregalli. Poi troviamo Albino Franco, Giovanni Bucci, Moreno Fabbro, Valerio Rosà, Elia Travella. Nasce qui la retrospettiva allestita l'anno dopo presso la Galleria Craffonara dedicata a Giovanni Bonat e a Achille Dal Lago, due dei fondatori dell'Associazione. Nel 2000 contava 56 iscritti. Dal 2001 diventa presidente Franco Albino, il quale succede a Caterina Benamati. Ancor oggi in carica è uno degli elementi propulsori dell'associazione, attento alla storia e alla quotidianità. Dal suo impegno sono nati i laboratori, punto d'incontro per chi ama l'arte nel Basso Sarca. Inoltre, grazie al suo interessamento, il Museo, nel 2005, ha organizzato una mostra esaustiva di Achille Dal Lago, uno dei padri fondatori del gruppo stesso.
Quest'anno, nel 60° anniversario della fondazione del Gruppo Amici dell'Arte, la Casa degli Artisti "Giacomo Vittone" a Canale di Tenno ha organizzato una mostra, curata da Franco Pivetti. La mostra attuale, allestita nelle sale del Museo Civico della Rocca di Riva del Garda, vuole essere una prima rassegna della storia e della cronaca d'arte nel Basso Sarca. Sono esposte opere dei "padri" fondatori dell'Associazione di proprietà del Museo, assieme ai lavori di nove artisti scelti tra i 48 aderenti attualmente al gruppo, e alcune opere di artisti operanti negli anni Sessanta. Il prossimo anno una nuova mostra racconterà gli artisti nazionali e internazionali, nonché i critici, che transitarono per le sale della Rocca negli anni d'oro dell'Associazione.
Fiorenzo Degasperi
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